martedì 13 marzo 2012

Il percorso come racconto di luce

L’asola continua di luce libra il masso che comprime lo spazio assiepato delle tombe: una simbiosi interno-esterno che si riscontra anche nel percorso buio e tortuoso delle gallerie illuminate drammaticamente dagli squarci provocati dalle bombe? (da Bruno Zevi, Carmine Benincasa, Comunicare l'architettura. Venti spazi aperti, n.3, 1986, SEAT s.p.a., pp.343)



Un muro alto, a scarpa, da cui non si scorge altro che pietra; una strada in salita, tortuosa, poco ariosa; un cancello, un monito, il ricordo; poi il piazzale, uno spazio aperto, ma concluso,  luogo dove tutto inizia e tutto … si perpetua: qui inizia la storia, quella dell’eccidio delle Fosse Ardeatine, che rivive ciclicamente ogni 24 marzo; qui nasce il progetto di cooperazione tra architetti e artisti, e si snoda ogni qual volta si intraprende il percorso, ininterrotto, che conduce, circolarmente, ai luoghi dell’eccidio e poi delle sepolture.
Un percorso che”, parafrasando le parole di Paul Klee, si può definire “racconto di luce”, che inizia dal buio della galleria d’ingresso fino alla penombra squarciata dalla luce proveniente dai luoghi dell’esplosione; una flebile luce ricorda il luogo dell’eccidio, un monito del sacrificio; quindi la monumentalità dell’edificio, lì dove sono stati sepolti 335 italiani. Atona la voce alla vista delle tombe, quando lo sguardo le incontra; poi rifugge nell’orizzonte, lungo il perimetro della lastra tombale, verso l’asola di luce che allo sguardo appare continua, sollevando il masso della copertura dalla collina.
Luce, quell’idea spirituale dove ogni singolo trova la sua dimensione, in cui ogni scorcio appartiene a chiunque: una gradazione di sentimenti che mutano, seguendo il ritmo che va dall’alba al tramonto, in un movimento che diventa racconto e poesia della trasformazione delle superfici su cui si poggia, modificandone confini, profondità e spazialità.
Nelle voragini si è attratti e pervasi dal senso di vuoto e da una luce diretta che ne illumina e ne accentua la spazialità cava; nello spazio delle sepolture un’apertura costante diffonde luce allo scorrere del tempo. Si è catapultati all’esterno, per interagire con esso e ad entrare in empatia con la natura, ma allo stesso tempo la curiosità induce a sbirciare all’interno, rafforzando ancor di più la dialettica tra interno ed esterno, tra determinatezza architettonica e casualità naturale, quella tra luce ed ombra, tra il pieno e il vuoto.
La luce genera volumi definendone gli spazi; è il confine con l’oscurità, dove prende forma l’architettura; ma soprattutto la luce è progetto, del solo dove e come serve, giusta e calibrata, capace di far cogliere emozioni e attenzioni; è attraverso una piccola fenditura, un vuoto 1:10 con il pieno della struttura soprastante, una citazione, questa, tragica, ma storica. Un progetto realizzato con le tecniche di aberrazione dell’architettura classica: un’idea in cui la prospettiva non ha fuochi, ma è schiacciata; come idealmente è schiacciato è il luogo delle sepolture, non dalla massa cava della copertura, lavorata come fosse pietra, ma dal peso che tale monolite possiede.
Occhi assetati di vendetta /strapparono a madri e mogli
innocenti anime / rastrellando fra le loro mura
Questo / per ripagare un torto / a lor parere subito
Conta fu fatta a 1 a 10
Poi... ad ognuno / un colpo alla tempia
335 anime
335 spari

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