martedì 27 marzo 2012

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L’ARCHITETTURA DELLA PARTECIPAZIONE. HERMAN HERTZBERGER
Appunti per una lezione autogestita



“Vorrei essere libero, libero come un uomo. […] la libertà non è uno spazio libero, libertà è partecipazione.”
Giorgio Gaber, La libertà 1972 da ‘Dialogo tra un impegnato e un non so’

L’architettura è quella disciplina che ha come scopo la costruzione di spazi progettati intorno e per l’uomo: non si tratta solo di qualità di spazi, ma anche e soprattutto di qualità che tali spazi offrono. Il tema viene affrontato negli anni ’60-’70, in antitesi con le certezze e gli slanci ideali propri del Movimento Moderno, anni in cui vengono messi in evidenza gli aspetti funzionali e sociali dell’architettura progettata per le persone e per rappresentarle: l’architettura della partecipazione.
Alcuni architetti si adoperano per eliminare quella distanza che si era creata tra progettazione e realtà. Tra questi Herman Hertzberger, la cui attività di architetto, teorico e docente ruota intorno all’uomo, valutato in base ad aspetti di carattere psicologico, antropologico e comportamentale. La sua attività di teorica si rispecchia totalmente nella produzione progettuale.
La lettura critica delle affermazioni Hertzberger riguardo una delle sue prime opere, la scuola Montessori a Delft (Olanda-1960) -più volte rimaneggiata e ampliata, manifestando la duttilità di mutamento alle situazioni e alle esigenze- evidenzia alcuni principi che costruiscono la sua architettura della partecipazione: i rapporti di reciprocità tra pubblico e privato, tra forma e uso, tra spazio architettonico e potenziale di accomodamento (ovvero il modo con cui ci si aspetta che uno spazio funzioni).
Per la reciprocità tra pubblico e privato
(RIVENDICAZIONI TERRITORIALI)
Hertzberger: le aule della scuola sono spazi privati rispetto all’aula comune, a sua volta privata rispetto all’ambito strada.
In base al livello di accessibilità, al controllo e alla responsabilità di chi usa e cura uno spazio, questo può essere immaginato più o meno privato o pubblico. Ciò potrebbe essere visto come una contraddizione, ma la natura pubblica di uno spazio può essere definitivamente o temporaneamente individualizzata in base all’uso che viene fatto di quello spazio.
(DA UTENTE AD ABITANTE)
Hertzberger: le aule sono concepite come unità autonome, dominio di un gruppo. All’interno di questo nido sicuro in cui rifugiarsi, si creano delle relazioni di coinvolgimento nell’organizzazione e nell’arredo di uno spazio: condizione necessaria e sufficiente per cui gli utenti diventino abitanti.
(IN-BETWEEN -LA SOGLIA)
Hertzberger: la soglia della scuola è pensata come spazio di benvenuto e di incontro, tra bambini e genitori, assumendo un decisivo ruolo sociale.
Il concetto di soglia per Hertzberger è ricollegabile per antonomasia alla soglia di casa: sostare su di essa vuol dire essere parte integrante sia della strada che dello spazio chiuso, luogo in cui ci si sente protetti, ma sufficientemente liberi e autonomi. Lo spazio intermedio diviene la chiave tra connessione e transizione, una dualità che accentua due qualità spaziali che in realtà si sovrappongono e si riconducono, in termini architettonici, al concetto di ospitalità.



(LA STRADA)
Hertzberger:  la forma e lo spazio della sala comune sono pensati come soggiorno-strada dell’edificio: essa evoca la strada, mentre le aule lo spazio più intimo, privato.
La strada non è soltanto una via di traffico, ma è il luogo dove si scambiano relazioni sociali, un’appendice del luogo privato, il luogo di incontro tra utenti che hanno in comune qualcosa e che si aspettano qualcosa (dagli altri).
Per la reciprocità tra forma e uso
(FARE SPAZIO, LASCIARE SPAZIO)
Hertzberger: il podio in cemento armato posto nell’atrio della scuola sottrae quello spazio necessario all’attivazione di suggerimenti a varie interpretazioni: può essere seduta, luogo di distribuzione del materiale didattico, spazio di gioco e di spettacolo. In prossimità dell’atrio dell’asilo, un’asola quadrata (una cavità, una piscina,il vuoto) è riempita di blocchi di legno (sedute o sgabelli, se impilati una torre, il pieno).
Progettare è creare una relazione tra il progettista, che concepisce la forma, e coloro che la usano e la vivono, gli utenti. Il risultato di tale rapporto è determinato dalla dipendenza che gli utenti mutuano in relazione allo spazio e alla funzionalità dello spazio ad essere adeguato a ciò che ci si aspetta possa offrire, per persone differenti, in diverse situazioni e in momenti alternati, proprio come le parole, il cui significato dipende da come vengono lette e dalle immagini che sono in grado di evocare.Gli oggetti che occupano lo spazio sono in continua metamorfosi, instaurando un rapporto di appropriazione temporaneo, ma allo stesso tempo casuale, la casualità del NON-FINITO in cui ciascuno è chiamato a completare in base alle proprie preferenze, alle possibilità e alle potenzialità: l’architetto è quindi l’interprete nella posizione di utente.
Per la reciprocità tra spazio architettonico e potenziale di accomodamento
(LUOGO E ARTICOLAZIONE)
Hertzberger: se i bambini vengono lasciati liberi, tenderanno ad associarsi in piccoli gruppi relegati in piccoli spazi, perché è lì che si sentono a proprio agio.
Lo spazio è come un vestito che deve vestire bene, né troppo stretto da essere scomodo, né troppo largo da inibire i movimenti: deve essere cioè delle giuste dimensioni, articolate in modo da creare unità spaziali con un proprio grado di chiusura.

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